Nella sua severa ricerca espressiva, Tatiana Carapostol tende a un linguaggio in apparenza freddo, emotivamente trattenuto. In realtà, il suo operare è fatto di una gestualità libera e trasgressiva. Pittrice dalla casualità controllata, tende a un espressionismo informale che guarda all’esperienza europea degli anni Sessanta del scorso secolo. È autrice di sperimentazioni differenziate che trasmettono, nelle sovrapposizioni tonali tese come un grido esistenziale, una positività dove la gioia vince il dolore, dove la luce ha ragione sulla notte. Il suo, è un caos di forme aperte e chiuse, o forse di ferite in attesa di essere rimarginate, che tendono comunque a conciliare le varie interrogazioni arcane provenienti dall’inconscio, poiché il magma pittorico lascia trapelare soggettività e tensione finalizzata alla ricerca di una verità liberatoria. Le disarmonie delle masse cromatiche, spesso inquiete e fortemente contrastate, soprattutto nella dialettica fra i neri carboniosi e i rossi sanguigni, non sono certo casuali, ricomponendosi in realtà in un concertato complesso, ma perfettamente concluso nello spazio preordinato di ogni impaginato pittorico. Sono avventure emotive ricche di sostanzialità fantasmagoriche, che vivono anche sui contrasti segnici. Tatiana Carapostol è certamente una pittrice d’area informale esistenziale, autrice di sperimentazioni dove l’indicibile viene alla ribalta grazie alle stesure sapienti della spatola, che sa distribuire le cromie tramite la coordinazione ottica di un’intelligente e partecipe istintualità, in un linguaggio fatto di spessori e di trasparenze, dove appaiono momenti conflittuali, finte prospettive, armonie e dissonanze visionarie. Ciò che dunque caratterizza la cifra stilistica della pittrice è l’immanenza del suo gesto creativo, che si esplica nella capacità di conferire dinamismo e sostanza alle volumetrie e ai valori cromatici, ma soprattutto di stabilire nessi visivamente congruenti tra le forme informi.